Il Discorso sulle scienze e sulle arti (1750) di Rousseau

Nel Discorso sulle scienze e sulle arti, Rousseau sostiene che il progresso scientifico, lungi dall’aumentare la felicità umana, ha incrementato la corruzione ed in ogni epoca è stato direttamente proporzionale all’indebolimento della virtù. In particolare ci si riferisce alla virtù civica, che consiste nell’amore del cittadino per la patria e la libertà; Rousseau ne rintraccia un esempio nei cittadini di Sparta e della Roma repubblicana , i quali erano, nella sua ottica, fieri, semplici e virtuosi, vivevano in una “felice ignoranza” e l’interesse per le arti e le scienze non li distraeva dalla preoccupazione di preservare la libertà politica.

Il progresso culturale e materiale, quindi, non comporta un miglioramento morale, poiché la vita raffinata e lussuosa conduce alla ricerca egoistica de vantaggio personale e al disinteresse per il bene comune. Rousseau,, spinto forse anche dalla sua educazione calvinista che lo porta a disprezzare il lusso, critica la cultura raffinata dei salotti parigini, espressione di una società ipocrita, fondata sull’apparire e non sull’essere, e nella quale le buone maniere impediscono la sincerità dei rapporti umani e le belle parole nascondono la vanità e il desiderio di sopraffazione degli uomini.

L’opposizione tra sapere e virtù è un tema morale ricorrente anche nei Padri della chiesa; Rousseau riprende l’idea che le scienze siano nate dall’orgoglio umano e la inserisce in una dimensione socio-politica: la cultura maschera l’oppressione a cui è sottoposto l’individuo, all’interno della civiltà, soffoca il suo sentimento di libertà, nasconde l’immoralità e l’ingiustizia su cui si fonda la società.

Se si pensa che solo un anno dopo l’uscita del Discorso sulle scienze e sulle arti, avrebbe preso avvio la pubblicazione dell’Enciclopedia, con il Discorso preliminare di D’Alembert, un manifesto dell’Illuminismo, si può notare come nello stesso panorama culturale convivessero istanze del tutto diverse: Rousseau imputava alla cultura del suo tempo i mali che gli illuministi attribuivano all’ignoranza.