Geoge Berkeley

ARGOMENTI: vita e opere, gnoseologia, Alcifrone, Siris, idealismo di Berkeley

VITA E OPERE: Berkeley nacque a Kilkenny nel 1685, studiò matematica, logica, filosofia e letteratura classica al Trinity College di Dublino, di cui divenne fellow. Fu nominato diacono nel 1709, anno in cui pubblicò il Saggio per una nuova teoria della visione; l’anno seguente uscì il Trattato sui principi della conoscenza umana. Lavorò come bibliotecario e nel 1713 si trasferì a Londra, dove conobbe i circoli deisti e dei liberi pensatori; nello stesso anno ripropose la teoria immanentistica del Trattato in una forma più accessibile, nei Tre dialoghi tra Hylas e Philonous. Come ambasciatore della regina Anna viaggiò a Parigi e nell’Italia settentrionale, mentre soggiornò a Roma e nel Mezzogiorno viaggiando come accompagnatore di George Ashe, figlio di un vescovo irlandese; scrisse anche un diario di viaggio. Insegnò teologia al Trinity College fino a quando fu nominato decano di Derry. Nel 1728 si trasferì a Rhode Island come missionario: oltre ad evangelizzare i nativi voleva anche fondare un collegio filosofico-teologico nelle Bermude, ma il progetto fallì. Tornò in patria nel 1731 e l’anno dopo pubblicò l’Alcifrone, o il filosofo minuzioso, uno dei suoi molti scritti contro i liberi pensatori. Divenne vescovo di Cloyne e si impegnò per promuovere le arti e favorire l’economia: introdusse colture di lino e canapa, aprì una scuola di tessitura ed un carcere per vagabondi. Durante la rivolta giacobita del 1745 radunò uno squadrone di cavalleria. Nell’ultima parte della sua vita si dedicò soprattutto a propagandare le virtù mediche dell’acqua di catrame, un rimedio, secondo lui, universale sul quale scrisse varie opere tra cui Siris: catena di ricerche filosofiche sulle virtù dell’acqua di catrame (1744) e Ulteriori pensieri sull’acqua di catrame, del 1752; in quell’anno si trasferì ad Oxford, dove morì.

GNOSEOLOGIA: Berkeley critica la distinzione accettata largamente nel pensiero moderno, da Galileo a Locke, fra le qualità primarie, cioè gli elementi oggettivi come estensione, figura, movimento, e le qualità secondarie, quegli elementi soggettivi che non sono propri delle cose percepite, ma ineriscono alle modalità con le quali le cose vengono conosciute, come colori, suoni, sapori. Berkeley sostiene che anche le qualità primarie sono soggettive, poiché sono rappresentabili solo attraverso oggetti particolari: ad esempio l’idea di estensione (la qualità più astratta per i cartesiani) può essere pensata solo immaginando una cosa dotata di un’estensione. Quindi la mente umana non è in grado di formare idee astratte; le idee generali sono in realtà idee particolari che fungono da segni per indicare gruppi di altre idee particolari.

Berkeley conclude che la nostra esperienza della realtà è completamente soggettiva; la conoscenza riguarda solo le idee, le rappresentazioni, che esistono solo nella mente e non hanno nulla in comune con le cose rappresentate; né le qualità primarie, né quelle secondarie hanno un’esistenza reale fuori dalla mente.

Berkeley formula una teoria immaterialista radicalizzando la concezione lockiana secondo cui l’uomo non può avere una nozione chiara e verificabile del concetto di sostanza, poiché percepisce le cose avvertendo una serie di idee che le riguardano e non cogliendone l’essenza; secondo Berkeley non è necessario supporre l’esistenza di un sostrato al quale far inerire le qualità: la nozione di materia intesa come realtà indipendente dalla percezione della mente viene negata. Inoltre tutte le cose esistono in quanto idee o rappresentazioni della mente e non si può attribuire loro un’esistenza autonoma, da ciò l’affermazione esse est percepiri vel percipere” (esistere è essere percepiti o percepire), che riconosce nel mondo l’esistenza di soli due tipi di esseri: le idee percepite e le menti o spiriti percipienti.

Questo radicale empirismo, però, non si spinge fino a ricondurre anche l’origine dell’idea di Dio all’esperienza, al contrario Dio viene considerato come il garante della certezza ed oggettività del mondo e della conoscenza umana: infatti, l’esistenza delle cose sarebbe “intermittente” se fosse dovuta solo alle menti umane, poiché, in questo caso, se tutti cessassero di pensare qualcosa, quella cosa svanirebbe nel nulla. Ciò non accade perché tutte le idee sono costantemente percepite da Dio e l’immutabilità della mente divina garantisce l’oggettività del mondo ed esclude lo scetticismo ed il soggettivismo: senza Dio, infatti, ognuno potrebbe supporre di vivere in un mondo che coincide con la propria mente e con le proprie idee senza sapere se le stesse idee sono percepite anche da altri.

Tutta questa costruzione teorica, fatta di argomenti raffinati e paradossali, è pienamente compatibile con le verità ordinarie del senso comune e con le radicate convinzioni umane, a partire dalla credenza nella realtà oggettiva delle cose. Non si tratta, però, di un semplice esercizio dialettico fine a sé stesso: il suo scopo principale era quello di confutare le concezioni scientifiche e filosofiche che spingevano Dio ai margini della riflessione sull’ordine della natura, o lo riducevano ad un mero problema filosofico. La gnoseologia di Berkeley dà un fondamento alle scoperte scientifiche impedendo loro possibili esisti ateistici o materialistici; ne consegue, infatti, che la fisica, cartesiana o newtoniana, non può spiegare l’universo prescindendo da Dio, ma deve essere una sorta di “grammatica del linguaggio divino”, in quanto le leggi di natura sono le regole con cui la mente di Dio organizza le idee e le presenta alla nostra percezione; perciò lo studio dell’ordine naturale non deve comportare l’esclusione di Dio, ma la consapevolezza della sua intelligenza e potenza.

Il pensiero di Berkeley è permeato da un intento apologetico: difendere la religione cristiana dalle critiche di deisti, liberi pensatori e intellettuali libertini: in Inghilterra i più attivi, fra XVII e XVIII secolo, erano John Toland, Anthony Collins (suo principale obiettivo polemico) e Matthew Tindal. Berkeley non cercò di restaurare i tradizionali argomenti scolastici, ma si schierò in difesa dell’ortodossia con le stesse armi della modernità, usando i risultati innovativi della scienza moderna, della gnoseologia, dell’epistemologia e della filosofia del linguaggio.


Berkeley risolve anche le questioni riguardanti l’anima che è immateriale poiché la materia in sé stessa non esiste, ed immortale in quanto, essendo unica e semplice, priva di parti, non si può disgregare. Il fatto che non abbiamo un’idea precisa del nostro spirito, ma solo una chiara nozione della sua esistenza, si spiga con l’eterogeneità fra le idee percepite, che sono passive, e le menti percipienti e attive; conosciamo invece le altre menti attraverso le idee che producono in noi.


ALCIFRONE: pubblicato nel 1732, il dialogo rappresentava un attacco diretto ai liberi pensatori: Berkeley, infatti, esponendo il proprio pensiero religioso e morale, critica la religione naturale e razionale dei deisti (inadeguata, secondo lui, a fondare una fede ed un culto) e la ricerca di un credo minimo sul quale possano convergere tutte le confessioni, attraverso una selezione dei dogmi basata sulla ragione; questa ricerca era portata avanti, ad esempio, da Jean Le Clerc, per il quale i dogmi erano nati dall’incontro del cristianesimo con la filosofia greca, estranea alla Rivelazione. Le Clerc, come Berkeley, sentiva la necessità di un’apologetica che contrastasse il libertinismo usando i nuovi strumenti del sapere, ma si spingeva oltre volendo reinterpretare la fede cristiana sulla base delle acquisizioni storico-critiche e filologiche. Il processo razionale selettivo dei dogmi era, per Berkeley, il primo passo verso il deismo che estende lo stesso procedimento alle altre religioni, nel tentativo di creare un sincretismo religioso che rischia di sfociare nell’ateismo. Berkeley sposa, quindi, le istanze conservatrici e tradizionaliste della Chiesa anglicana, e rifiuta un compromesso con i vari gruppi religiosi non conformisti.

SIRIS: l’opera fu pubblicata nel 1744, riscuotendo ampio successo, ed era volta a spiegare le virtù mediche dell’acqua di catrame (soluzione dei principi solubili del catrame vegetale), un rimedio che Berkeley riteneva universale ed aveva sperimentato durante la carestia irlandese del ‘739\-40. La trattazione di questioni scientifiche (fenomeni fisici e chimici) si intreccia con una metafisica di tipo neoplatonico e con una concezione generale della natura: gli effetti dell’acqua di catrame vengono, infatti, ricondotti all’azione di un principio universale, indicato come “luce”, “etere” o “fuoco invisibile”, attraverso cui Dio opera nel mondo. Scienza e metafisica si mostrano così strettamente legate.


L’IDEALISMO: Berkeley è stato indicato come il padre dell’idealismo per la sua teoria immaterialista che nega l’esistenza di una materia indipendente dalla percezione della mente e, con la formula esse est percipi vel percipere, riserva l’esistenza alle idee percepite e agli spiriti percipienti. Tutte le idee, derivando dalla percezione, sono soggettive, mentre le qualità primarie e oggettive e le idee astratte non esistono. Questo radicale empirismo è stato interpretato come un idealismo soggettivo, ma Berkeley evita di cadere nel soggettivismo affermando che ogni idea è eternamente ed oggettivamente percepita da Dio. Anche Cartesio è stato visto come l’iniziatore dell’idealismo moderno e ha fatto intervenire Dio come garante dell’esistenza reale del mondo. Le filosofie di questi due pensatori sembrano sfidare il realismo del senso comune che ci fa dare per scontata l’esistenza delle cose al di fuori della nostra mente, per poi appellarsi alla religione per non cadere nello scetticismo.