Spinoza: libertà e necessità, intelletto e pensiero

Libertà e necessità

Spinoza presenta la sua concezione di libertà nell’ambito della proposizione 17 della prima parte dell’Etica, per la quale dio agisce per le sole leggi della sua natura e senza essere costretto da nessuno, perciò è causa libera, come afferma nel corollario, in quanto esiste e agisce per la sola necessità della sua natura; è interessante notare la connessione di quest’idea di liberà alla necessità anziché alla contingenza: non si tratta di una libertà di scelta che si basa sulla volontà e che trova un ostacolo nella necessità, in ciò consiste il potere umano, ossia la possibilità di fare o non fare. Ma l’onnipotenza divina è la necessità stessa e la volontà, come l’intelletto, non appartiene alla natura di Dio (Spinoza lo dimostra nello scolio della stessa proposizione). La causa non può astenersi dal causare l’effetto che, nel caso di Dio, consiste nelle infinite cose in infiniti modi, come afferma la prop. 16.
La potenza di Dio è sempre in atto, la si può definire, richiamandoci al neologismo di Cusano “posse-est”, come un posse che è immediatamente esse, senza distinzioni fra prima e dopo. Inoltre, se dio scegliesse di fare solo alcune cose, limiterebbe i suoi poteri e non sarebbe onnipotente: Spinoza rifiuta questo contenimento del potere, che ricorda un po’ la passione di Gesù: il potere abbandonato alla pura possibilità e non attuato.
Nella prima parte dello scolio Spinoza contesta l’idea per cui Dio conosce un’infinità di cose che tuttavia non crea, poiché se creasse tutto, non potrebbe creare nient’altro, esaurirebbe la sua onnipotenza e si renderebbe imperfetto; quest’idea porta ad ammettere in primo luogo un dio che non può fare tutto ciò a cui si estende la sua potenza, una tesi alla quale Spinoza contrappone l’onnipotenza in atto dall’eternità e per l’eternità, e in secondo luogo un dio che sceglie cosa creare attraverso al sua assoluta volontà (l’idea antropomorfica sostenuta da Leibniz).
Nella seconda parte dello scolio, Spinoza dimostra che se l’essenza di dio fosse costituita da intelletto e volontà, allora queste facoltà potrebbero avere in comune con l’intelletto e la volontà umani nient’altro che il nome. Infatti, se l’intelletto costituisce l’essenza di dio, allora è la causa delle cose, sia dello loro essenza che della loro esistenza; dato che l’effetto differisce dalla sua causa proprio in ciò che ha ricevuto da essa, l’intelletto umano non condivide con quello divino né l’essenza né l’esistenza (infatti quello umano è simultaneo o posteriore alle cose, mente quello divino, essendo la causa, dovrebbe essere anteriore). C’è una differenza di natura, non di grado: la causalità immanente di dio non è come la causa materiale aristotelica che ha la stessa natura del suo effetto. In ciò si vede come il panteismo di Spinoza non sia così radicale come viene spesso presentato, ma riesca a tenere separati dio e le creature, la natura naturante e quella naturata.

Intelletto e pensiero

Sebbene l’intelletto non faccia parte della natura di Dio, Spinoza sostiene fra gli infiniti attributi della sostanza di Dio ve ne siano due che l’uomo riesce a cogliere, il pensiero e l’estensione, quelli che per Cartesio erano la res cogitans e la res extensa; e per attributo Spinoza intende ciò che viene concepito dall’intelletto come costituente l’essenza della sostanza. Il pensiero può essere attribuito a dio perché si trova in una dimensione impersonale della coscienza che può sussistere anche senza un io, mentre l’intelletto riguarda il giudizio e presuppone un soggetto che giudichi. L’attributo del pensiero è inconscio.
La proposizione 31 dichiara che l’intelletto in atto, sia esso finito o infinito, è proprio della natura naturata, che segue dalla necessità della natura di Dio o dei suoi attributi. L’intelletto è un modo del pensiero, così come lo sono la volontà o l’amore; i modi sono affezioni, si trovano in altro e si concepiscono attraverso altro, perciò appartengono ad un livello di dipendenza ontologica dagli attributi, ed in questo senso si dice che non fanno parte della natura di dio . Fra l’altro da questa concezione emerge un’immagine di dio che non ha progettato il mondo con l’intelletto, non lo ha scelto con la volontà e non lo ha creato per amore: il dio antropomorfo viene sostituito dalla causa sui immanente, da una potenza, così viene definita l’essenza divina nella prop.34, in virtù della quale esistono tutte le cose, compresa se stessa.