Edward Tylor – concetto di cultura ed evoluzione della religione

Concetto di cultura

Edward Tylor (1832-1917) è la figura che dà formalmente inizio all’antropologia culturale, in quanto ricoprì, ad Oxford, la prima cattedra di antropologia sociale e in quanto diede una definizione generale del concetto antropologico di cultura; la sua formulazione, espressa in Cultura primitiva (1871), determinò un’estensione del riferimento di cultura a tutti i gruppi umani, a tutti gli uomini membri di una società, affermando quindi una visione inclusiva a discapito della tradizionale concezione esclusiva, per cui la cultura era una prerogativa della minoranza colta, istruita, del mondo egemonico occidentale. L’ampliamento operato da Tylor dava dignità ad ogni aspetto della vita sociale (conoscenze, credenze, capacità, morale, usi e costumi) e legittimava la funzione dell’antropologia culturale, ossia lo studio dei gruppi umani attraverso la documentazione, la comparazione e l’interpretazione delle loro culture.

La cultura, o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell’insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società

Da questa impostazione ne consegue che l’antropologia culturale si caratterizza per una sorta di eclettismo intrinseco, come ha osservato ad esempio Clifford Geertz. Ma nonostante la varietà e molteplicità dell’oggetto di studio (che ha determinato una serie di specializzazioni), l’antropologia culturale ha una sua unitarietà dovuta alla prospettiva, all’angolazione da cui si guardano le cose, prospettiva che parte dalla constatazione dell’uomo come animale culturale che orienta il suo agire in base a una griglia di valori soggetta ad una variabilità di tipo locale e temporale, geografica e storica. Questa grande variabilità ha un fondo comune, derivato da quell’atto epistemologicamente rivoluzionario che è la formulazione tyloriana di cultura, per cui siamo tutti esseri umani portatori di cultura, agenti sulla base di rappresentazioni del mondo di tipo culturale, dall’uomo primitivo a quello occidentale contemporaneo. Tylor credeva nell’unità psichica del genere umano.
Possiamo definire la cultura come un sistema di simboli, di riferimenti, di pattern, che risponde ad esigenze tipicamente umane: dare significato al mondo, spiegare i fenomeni naturali, dare una direzione etica alla propria azione, distinguere fra bene e male. Pur nella sua varietà la cultura si caratterizza per 3 elementi comuni:
• la cultura viene appresa dall’uomo in quanto membro della società, non è un’eredità biologica, non appartiene all’uomo dalla nascita, non rimanda a modelli comportamentali istintivi e innati, ma viene incorporata dall’esterno durante la crescita. Nelle società tradizionali la cultura viene trasmessa da generazione a generazione attraverso un processo verticale di inculturazione, nel quale entrano in gioco soprattutto i linguaggi corporali (non c’è bisogno di parlare, si guarda e si fa di conseguenza). Un altro tipo di trasmissione culturale è quella orizzontale di acculturazione.
• La cultura, per essere tale, deve essere condivisa da più persone, non può limitarsi a dei tratti di personalità psicologica individuale, ma deve sempre rimandare a dei valori con-divisibili, intorno ai quali si costruiscono degli ambiti di conformità. La stessa socialità si basa sulla condivisione di valori comuni, come ha fatto notare Talcott Parsons, sociologo funzionalista. Un esempio è quello dei Punk che, pur facendo parte di culture anti-sistemiche, nel loro ambito culturale sono conformisti.
Alla base di qualunque cultura c’è questo elemento di condivisione e conformazione, che tuttavia viene messo in ombra da una concezione individualistica che domina la cultura occidentale dalla modernità in poi. Il conformismo è mal visto perché sembra privare l’individuo della sua autonomia intellettiva e cognitiva, ma abbiamo comunque bisogno di sotto-ambiti di conformità.
Inoltre, se possiamo guardare con simpatia all’anti-conformismo, è perché viviamo in una società complessa che lo ha normalizzato, cioè ha reso tollerabili alcuni livelli di anti-conformismo. Mentre nelle società semplici o totalitariste domina un monismo etico e non si può negare l’ordine costituito, nelle società complesse c’è una specializzazione degli ambiti di valori, per cui si può scegliere cosa condividere e cosa rifiutare, e inoltre alcune forme di negazione dell’ordine costituito vengono istituzionalizzate e inserite nello stesso dispositivo di controllo sociale: il sociologo Nicolas Luhmann, ad esempio, ha osservato che la possibilità di mettere in discussione l’ordine sociale non è disfunzionale, ma serve a far funzionare meglio a società.
• Infine la cultura è integrata, in quanto è costituita da un insieme di elementi diversi, ma tutti interconnessi fra loro.
Tylor parla di un insieme complesso, e quindi scomponibile nei suoi elementi semplici: quest’aspetto era particolarmente funzionale allo studio antropologico d’impostazione evoluzionistica. Dalle diverse culture, infatti, si poteva estrarre un elemento comune per compararlo e interpretarlo al fine di ricostruirne la sequenza di sviluppo o di progresso. Cultura primitiva, ad esempio, è uno studio sullo sviluppo diacronico della sfera religiosa, illustra un processo di complessificazione che va dall’animismo alla scienza. Questa stessa logica si concretizza, ad esempio, anche nei criteri di classificazione dei reperti, elaborati da Pitt-Rivers al fine di ricostruire la sequenza evolutiva di particolari oggetti. Dal progresso materiale si faceva conseguire lo stadio evolutivo delle varie culture. Nell’ideologia antropologica vittoriana la civiltà era vista come il risultato di un processo cumulativo accompagnato da una crescente complessità organizzativa. Tylor, pur riferendo la cultura non più al singolo, ma all’umanità e alle società che la compongono, conserva comunque quelle idee di cumulatività e di crescita per cui si diventa colti attraverso un’accumulazione del sapere e questo vale tanto per l’individuo, quanto per il popolo e l’umanità in generale.

Evoluzione della religione

Tylor rintracciò nella vicenda umana uno sviluppo della moralità concretizzatosi in una serie di stadi evolutivi della religione, disposti in un processo di evoluzione culturale che va dal semplice al complesso e si conclude con il superamento della stessa religione come modalità di spiegazione del mondo. Quindi a un certo stadio della religione corrisponde uno stadio di sviluppo morale.
Secondo Tylor, le religioni non erano state fin dall’inizio dei sistemi morali che, mentre descrivevano un ordine trascendentale dell’universo, ponevano anche delle regole sul piano immanente storico: all’inizio, ipotizza Tylor, non si pensava al destino dell’anima dopo la morte come qualcosa di dipendente dal comportamento tenuto in vita. Così come gli organismi viventi si sono complessificati a partire da esseri monocellulari, anche la religione si è sviluppata a partire da uno stadio iniziale, inteso come un fenomeno universale: la credenza negli spiriti, l’animismo. Il primitivo, di fronte alla necessità di dare significato alla morte, ha elaborato una sorta di transfert rispetto all’esperienza del sogno, arrivando a pensare che il mondo dei sogni corrispondesse all’aldilà, al mondo degli spiriti. Le apparizioni che sopravvengono nel sonno ci hanno portato a credere nell’esistenza di un doppio, l’anima, che può esistere anche senza il supporto materiale del corpo. Quindi abbiamo esteso l’idea di uno spirito, legato ma distinto dal corpo, a tutti gli oggetti e fenomeni naturali. Nelle religioni tradizionali tutto è sacro, la vita quotidiana è pervasa da una spiritualità che caratterizza ogni elemento. Gli oggetti hanno proprietà magiche che possono, ad esempio, dipendere da chi li ha posseduti (è il principio della magia per contatto, studiata da Frazer). Man mano che il pensiero scientifico razionale si sviluppava e dava delle spiegazioni del mondo basate sull’indagine empirica, l’anima si prosciugava nel resto dell’ambiente esterno, si ritirava dal mondo andandosi a concentrare unicamente nell’uomo.
La credenza dell’anima presupposta dal cristianesimo è una sopravvivenza dello stadio animi-stico. In Tylor il concetto di sopravvivenza può essere considerato come una sorta di correttivo-alla rigida linearità evoluzionistica: nel passaggio da uno stadio a un altro, non vengono superati completamente tutti gli elementi del passato, alcuni si conservano, perciò nelle società superiori complessificate si possono rintracciare, spesso in spazi marginali, delle residualità che rimanda-no al mondo primordiale. Ad esempio il folklore, sebbene il suo significato autentico sia decaduto insieme al suo stato culturale d’origine, continua a sopravvivere adattandosi al nuovo, ma senza avere delle autentiche relazioni dinamiche con gli altri elementi di quell’insieme complesso che è il nuovo stato culturale. La sopravvivenza è un fossile sociale utile a ricostruire il passato.
In seguito si è affermato il culto degli antenati, con la credenza che i defunti potessero controllare gli spiriti e fare da intermediari fra il mondo terreno e quello ultraterreno. Perciò gli antenati, in qualità di mediatori, diventano oggetto di culto in tutte le società tribali. Anche questo è un esempio di sopravvivenza. Il livello successivo è quello del feticismo: gli uomini credono di poter collocare lo spirito in un oggetto, che diventa un medium, al fine di invocarlo e ottenerne dei favori. In seguito il feticcio, al quale viene data una personalità, diventa oggetto di venerazione e si afferma l’idolatria. Segue il politeismo con il quale gli uomini divinizzano degli spiriti che rimandano dapprima a elementi naturali e poi a ideali astratti come fertilità, pace, guerra. Per Tylor il politeismo è un tratto comune delle società premoderne, che riflettono il loro ordine sociale nel pantheon. Il monoteismo è, infine, la religione dei popoli civilizzati e l’ultimo stadio religioso perché poi la scienza metterà fine a quel meccanismo di attribuzione di senso al mondo basato su idee false anziché sulla dimensione empirica.
Questo schema è stato molto criticato, soprattutto da coloro che volevano rintracciare il monoteismo anche fra i popoli primitivi, come Mircia Eliade o Wilhem Schimdt. Ma, anche se non si vuole assecondare la pretesa generalizzante per cui tutti i gruppi umani hanno seguito questo percorso e anche se si vuole mettere l’accento sul fatto che gran parte delle teorie evoluzionistiche si basano su congetture, non avendo un piano empirico solido, rimane comunque il fatto che lo schema di Tylor è un esempio significativo di come il pensiero occidentale, nel XIX secolo, abbia cominciato a farsi un’idea sul passato dell’umanità, basandosi sull’evoluzionismo e affidandosi alla biologia.