A. Van Gennep – la struttura tripartita dei riti di passaggio. La fase liminoide di Victor Turner

Arnold Van Gennep (1873-1957) studiò i riti di passaggio e in una sua opera del 1909, intitolata appunto I riti di passaggio, sostenne, basandosi su svariati dati etnografici, che in tutti i gruppi umani la vita degli individui era scandita da una serie di passaggi da uno stato sociale a un altro che venivano celebrati pubblicamente attraverso dei rituali volti a rendere più agevoli e meno traumatici i cambiamenti di condizione.
Van Gennep adottò un approccio strutturalista cercando di capire la struttura comune ai diversi riti di passaggio, struttura che rintracciò in una tripartizione che prevedeva una fase preliminare, la separazione, una liminare, il margine ed una post-liminare, l’aggregazione. Ad esempio gli individui che devono passare dall’infanzia alla maturità (non avendo il beneficio dell’adolescenza, invenzione della modernità!) vengono separati dal corpo sociale, messi al margine, spesso in una capanna dove si celebrano i riti liminari, e infine reintegrati nella società, dove acquisiscono un nuovo status.
La fase di margine è la più importante perché cerca di creare un minimo di continuità fra due condizioni nettamente separate. Nelle società tradizionali, infatti, i ruoli sono rigidamente definiti, per ogni status ci sono determinati diritti e doveri, l’idea del fanciullo di Pascoli non è contemplata. Questo perché le società cercano di discretizzare il tempo, trasformano, cioè, il tempo naturale caratterizzato dalla continuità, in un tempo sociale caratterizzato da una sequenza di periodi a sé stanti, connessi solo da brevi fasi di passaggio, periodi che ordinano la società e stabiliscono i modelli comportamentali. (C’è una griglia fissa di valori. Tutte le società hanno dei dispositivi di controllo e di coercizione nei confronti del singolo, l’idea dell’individuo totalmente libero e autonomo è una pura astrazione).
La discretizzazione del tempo, comunque, avviene sulla base di punti di discontinuità naturali e biologici, che sono la nascita, lo sviluppo degli organi sessuali e infine l’impotenza. Attraverso questo tappe l’uomo classifica l’universo sociale; per Van Gennep l’attitudine classificatoria era uno degli elementi primordiali dell’organizzazione sociale e precedeva ogni altra istanza e attitudine dell’intelletto, infatti rifiutava quell’idea di Durkheim e Mauss per cui il totemismo, considerato la prima forma di religione, sarebbe stato all’origine della classificazione della realtà naturale e sociale (c’erano dei popoli che avevano un proprio sistema di classificazione pur non conoscendo il totemismo).

  • Victor Turner si inserisce in ambito di post-funzionalismo britannico. Verso gli anni ’60 riprese le categorie di Van Gennep partendo dalla considerazione che nelle società complesse la fase liminale tende a diventare liminoide perché si espande cercando di essere sempre meno drastica e traumatica. Le fasi di passaggio si sfumano via via che la società si complessifica e diminuisce il controllo sociale sull’individuo. Questa espansione della fase liminale è sfociata nell’idea di adolescenza, un periodo della vita umana che nelle società tradizionali non era neppure contemplato e che adesso tende persino ad allungarsi. La capanna iniziatica è stata sostituita dal periodo, molto più lungo, della formazione e anche nei comportamenti sociali è accettata una certa fluidità, nel senso che aspetti infantili possono rimanere nell’età adulta. La fase di margine è definita da Turner fase di anti-struttura, perché è un periodo di mutamento, libero dalle regole sociali ed anche foriero di stimolo artistico.