Regni romano-barbarici

Dal III secolo alla data simbolica del 476 l’impero romano visse un periodo di lenta decadenza nel quale si intensificarono le pressioni dei Germani ad occidente e quelle dei Persiani ad oriente. Per farvi fronte gli imperatori si basarono sul potere militare e cominciarono a reclutare gli stessi Germani che con le loro virtù guerriere riuscivano a scalare la gerarchia militare e di conseguenza quella politica. Tribù di Franchi, Alemanni e Burgundi si stabilirono con il consenso romano lungo il confine del Reno, mentre si cercava di ridurre l’aggressività dei Goti favorendone la conversione, operata soprattutto dal vescovo Ulfila che intorno al 340 tradusse la Bibbia in gotico, dando per la prima volta dignità letteraria ad una lingua germanica. Questo delicato equilibrio venne destabilizzato dall’arrivo degli Unni, cavalieri nomadi  di origine turco-mongola che dalle steppe asiatiche si stavano spingendo ad Occidente spinti anche da Costantinopoli che cercava di liberarsene. Gli Ostrogoti vennero inglobati nella loro dominazione, mentre i Visigoti, alleati dell’impero, ottennero di potersi stanziare in Tracia: si trattava di intere famiglie che poi si rivoltarono per i soprusi dei funzionari imperiali (nella battaglia di Andrianopoli cadde anche Valente).

L’impero venne definitivamente diviso alla morte di Teodosio che lasciò l’Occidente ad Onorio sotto la protezione del vandalo Stilicone, una scelta che si inquadra nella politica di apertura ai Germani che tuttavia non valse ad impedire le invasioni o immigrazioni. Stilicone, per far fronte ai Goti in Italia, lasciò indifeso il confine sul Reno che nel 406 venne superato da Vandali, Alani e Svevi, i quali dilagarono in Gallia e in Spagna, e questo il fu il punto di non ritorno per l’impero d’Occidente. I Visigoti entrarono in Italia, saccheggiarono Roma nel 410 e si stanziarono come federati in Aquitania; quindi si spostarono in Spagna e prevalsero sui Vandali che, alla guida di Genserico, passarono nel Nord-Africa, presero Cartagine (439) e cominciarono a compiere scorrerie nel Mediterraneo, arrivando a saccheggiare Roma nel 455. In seguito anche altri popoli divennero federati e come tali erano a carico dei proprietari romani che, in virtù dell’istituto dell’hospitalitas, dovevano cedere uno o due terzi delle loro terre ai Germani; ma l’inserimento dei Germani non fu brusco perché il flusso migratorio non era né continuo né molto numeroso, perciò l’aristocrazia senatoriale non decadde e i nuovi popoli riuscirono ad affermarsi solo appoggiandosi alla struttura imperiale ed a quella ecclesiastica ed aprendosi ad un processo di acculturazione e di integrazione con i popoli locali. In questo processo giocarono un ruolo decisivo i vescovi che, recuperando la cultura classica, fornirono alle monarchie germaniche gli strumenti culturali per organizzare un apparato politico-amministrativo. E infatti i regni che si distinsero etnicamente per la fede ariana ebbero breve vita, come i Vandali che all’inizio del 500 vennero travolti dall’espansionismo di Giustiniano; al contrario si formarono salde costruzioni politiche laddove ci fu la collaborazione con l’episcopato[1] e quindi la conversione prima dei capi e poi delle popolazioni. Ne sono esempi le esperienze di Teodorico e Clodoveo:

– Teodorico era re degli Ostrogoti che, verso la fine del V sec., si spostarono dall’Illirico in Italia, dietro invito dell’imperatore bizantino Zenone, il quale voleva far decadere il governo di Odoacre, che mostrava mire espansionistiche. Odoacre governava l’impero d’Occidente con il titolo di patrizio e aveva inviato le insegne imperiali a Zenone perché diventare imperatore lo avrebbe esposto al rischio di essere ucciso senza aumentare la sua autorità, dato che l’imperium era ormai del tutto controllato dai generali. Teodorico si presentò quindi come un liberatore dai generali usurpatori e venne accolto dall’aristocrazia e dall’episcopato con la carica di prefetto d’Italia. L’élite militare ostrogota si affiancò alla classe senatoriale romana e, a sostegno della loro collaborazione, Teodorico si giovò dell’aiuto di due intellettuali: Boezio e Cassiodoro. Si presentò, inoltre, come protettore della Chiesa, per quanto fosse ariano. Oltre che per la religione, Goti e Romani erano separati anche dai diversi ordinamenti giuridici e mentre a capo dei Goti c’erano i conti, dei governatori militari, i Romani erano esclusi dall’esercito; le due comunità rimasero sostanzialmente distinte. Il ceto dirigente, però, si mostrava sensibile alla cultura classica, subiva il fascino di Roma, come si evince dal fenomeno dell’imitatio imperii. La politica conciliatrice di Teodorico venne meno quando il papato e l’imperatore bizantino ritrovarono la piena intesa, nell’applicare delle decisioni del Concilio di Calcedonia del 451: senatori e vescovi romani si riavvicinano a Costantinopoli, mentre venivano prese misure contro gli eretici. Teodorico non voleva rinunciare all’arianesimo e nonostante l’ammirazione per la cultura romana rimaneva legato alla sua tradizione. Si creò un clima di diffidenza: Boezio venne giustiziato, Papa Giovanni I imprigionato e Cassiodoro si ritirò. Ma la dominazione Gotica non era destinata a durare a lungo: nel 535 Giustiniano diede avvio alla riconquista dell’Italia.

– Clodoveo era re dei Franchi salii ed iniziatore della dinastia dei Merovingi e a partire dal 482 cominciò ad estendere il suo dominio sugli altri gruppi di franchi e sui popoli germanici della Gallia, come i Visigoti che dovettero lasciare l’Aquitania. Nonostante l’opposizione di Teodorico, Clodoveo prese il controllo di tutta la Gallia romana, ad eccezione della Provenza, e di alcuni territori oltre il Reno ed i suoi successori conquistarono i territori dei Turingi e dei Burgundi. Il motivo della supremazia merovingia stava nell’ampio seguito militare al quale venivano distribuiti territori e cariche ad ogni nuova conquista; un altro punto di forza era il sostegno dell’aristocrazia gallo-romana e dell’episcopato che legittimava simbolicamente il potere merovingio: perciò i capi Franchi si convertirono rapidamente al cattolicesimo e Clodoveo si fece battezzare a Reims nel 496 dal vescovo Remigio: l’episodio è considerato un momento fondante del regno franco e viene narrato da Gregorio, vescovo di Tours, membro di una famiglia di rango senatoriale e autore di una storia dei Franchi in cui Clodoveo viene presentato come un nuovo Costantino.

Sull’identità etnica dei germani

I vari gruppi tribali stanziati oltre il Reno e il Danubio vennero definiti unitariamente Germani dagli scrittori latini, ma non appartenevano ad un’unica etnia, specialmente se si considera l’etnia nell’accezione proposta da Wenskus e cioè come coscienza di gruppo, senso di appartenenza alla comunità. L’etnia, quindi non riguarda tanto la comunanza di lingua, usi e costumi o l’origine biologica, ma è piuttosto una costruzione identificativa che si venne formando, nel caso dei Germani, attraverso l’unione delle tribù, i contatti con i Romani e le migrazioni che possono essere considerate un processo di etnogenesi: significativo il caso dei Goti che si formarono come popolo unitario nel corso della trasferimento dalla Scandinavia, alla zona a nord del Mar Nero, attraverso i contatti con le tribù germaniche, i nomadi di stirpe iranica e infine le città greche.

[1] I visigoti si aprirono alla cooperazione con il clero, tant’è che nei concili di Toledo vescovi e aristocratici si riunivano per deliberare su qualunque questione attinente alla politica del regno. Fu, tuttavia, l’invasione araba della Spagna (711) ad impedire una stabile dominazione.