Destra e sinistra hegeliana

Alla morte di Hegel, nel 1831, i suoi discepoli si divisero in vecchi e giovani hegeliani, la generazione nata dopo il 1800. Queste due correnti vennero definite da David Strauss Destra e Sinistra hegeliana, a seconda del loro pensiero riguardo alla religione e alla politica; i superamenti dialettici di Hegel, infatti, potevano essere intesi sia in senso conservatore che rivoluzionario.

Hegel aveva affermato che religione e filosofia esprimono lo stesso contenuto, la prima in forma di rappresentazione, la seconda in forma di concetto: la Destra insisteva sull’identità di contenuto e la Sinistra sulla diversità di forma. Di conseguenza gli hegeliani di Destra concepivano la filosofia come conservazione della religione ed usavano la ragione hegeliana così come la scolastica usò la ragione aristotelica per giustificare le credenze religiose. Al contrario la Sinistra concepiva la filosofia come strumento di demistificazione e contestazione razionale della religione.

Anche dal punto di vista politico la Destra era conservatrice, poiché sosteneva l’identità ontologica fra realtà e ragione, mentre per la Sinistra non sempre il reale corrispondeva al razionale, per cui la filosofia diventa anche critica dell’esistente e quindi progetto di trasformazione rivoluzionaria delle istituzioni.

La Sinistra fu molto più influente, forse perché riuscì a porre al centro della propria filosofia l’uomo concreto. I suoi maggiori esponenti furono David Strauss, Bruno Bauer, Arnold Ruge, e Ludwig Feuerbach, il torrente di fuoco.

  • Strauss: cercò di dare al cristianesimo la stessa valenza del mito. Un mito è un’idea metafisica espressa in forma di racconto immaginario o fantastico; non è storia (e in ciò consiste il suo aspetto negativo), ma è una finzione nata dall’orientamento intellettuale di una società (e in ciò sta il suo aspetto positivo). I racconti riguardanti la figura di Gesù vennero definiti da Strauss miti evangelici e scaturirono da alcuni fattori sociali come l’attesa del messia da parte del popolo ebraico e la particolare impressione generata da Gesù grazie alla sua personalità e al suo particolare atteggiamento. Grazie ad una attenta analisi filologica e storica dei testi evangelici, Strauss rigettò nel mito e nella leggenda quegli elementi soprannaturali o infondati. Per quanto riguarda l’identità di contenuto fra cristianesimo e filosofia, Strauss la rintraccia nell’unità di finito ed infinito, la quale si realizza con il principio cristiano dell’incarnazione, che è sempre e comunque un mito.
  • Bauer: esordì nella destra hegeliana, in seguito si avvicinò alle tesi della sinistra per poi arrivare alla convinta negazione della realtà storica di Cristo. Per questo motivo venne allontanato dall’insegnamento universitario e fondò a Berlino il circolo dei Liberi, un gruppo di giovani radicali vagheggianti ideali di immanentismo ateo. Bauer, a differenza degli altri pensatori di Sinistra che tendevano a sviluppare un pensiero pragmatico politico, definì una filosofia della critica pura, che vedeva contrapposti gli intellettuali e la massa, secondo una sorta di aristocrazia idealistica. Per questo Marx ed Engels lo consideravano un pensatore privo di concretezza storica.
  • Ruge: era un hegeliano ortodosso che in seguito aderì alla sinistra; diresse gli Annali Tedeschi e collaborò agli Annali Franco-tedeschi, grazie ai quali ottenne anche un esilio. Nel ’48 diventò deputato nel Parlamento nazionale. La sua importanza storica è dovuta soprattutto al fatto di aver favorito il passaggio dalla critica religiosa alla critica politica: difatti accusò Hegel di aver usato la filosofia per assolutizzare la sua realtà politica contemporanea.

Ludwig Feuerbach

VITA E OPERE: Nacque il 28 luglio 1804 a Landshut, in Baviera; a Berlino seguì le lezioni di Hegel e ne rimase colpito, ma in seguito si emancipò dall’hegelismo pubblicando nel ’39 la Critica della filosofia hegeliana. Per un breve periodo fu libero docente, ma la sua carriera universitaria si interruppe quando iniziarono ad appalesarsi le sue idee sulla religione esposte nei Pensieri sulla morte e l’immortalità. Ritiratosi, quindi, in solitudine si dedicò alla composizione di varie opere: quella fondamentale è l’Essenza del cristianesimo, pubblicata nel ’41 e seguita dall’Essenza della religione. Nel ’48 tenne anche delle Lezioni sull’essenza della religione, su richiesta di alcuni studenti, ma fu un evento unico, reso possibile dagli avvenimenti storici del ’48. Morì a Rechenberg nel 1872.


Il fine ultimo della filosofia di Feuerbach è quello di cogliere l’uomo e la realtà nella loro concretezza e per far ciò bisogna negare l’impostazione idealistica che stravolge i reali rapporti fra soggetto e predicato, tra concreto e astratto. Secondo l’idealismo, infatti il pensiero rappresenta il soggetto originario, di cui l’essere è il predicato, ma in realtà è l’esatto contrario: l’essere è il soggetto, da cui deriva il pensiero. L’errore dell’idealismo è quello di fare del concreto (cioè l’essere, l’uomo, la natura, il finito) un attributo dell’astratto (ovvero il pensiero, lo spirito, dio, l’infinito). Ma il cammino dall’astratto al concreto procede a ritroso e non può portare alla verità. Per questo Feuerbach promuove una radicale inversione dei rapporti di predicazione, e restituisce al finito, al determinato, il suo valore di soggetto.

Questo discorso si estende anche nel campo della religione. Feuerbach arriva ad affermare che non è Dio, cioè l’astratto e l’infinito, ad aver creato l’uomo, il concreto e il finito, ma che è l’uomo ad aver creato Dio e ad aver inventato la religione. Feuerbach ridusse Dio ad una proiezione illusoria di alcune qualità umane come la bontà, la ragione, la volontà, quelle perfezioni caratteristiche della nostra specie.

Dal momento che tutte le qualificazioni dell’essere divino sono in realtà qualificazioni dell’essere umano, Dio è la personificazione dell’essenza dell’uomo così come la scienza di Dio, la teologia, è in realtà un’antropologia capovolta che costituisce la prima ed indiretta autocoscienza dell’uomo poiché l’individuo, prima di trovare il proprio essere dentro di sé, lo trova fuori di sé. Tra l’altro tutti i dogmi si possono facilmente risolvere in chiave antropologica: ad esempio, il mistero della Trinità può essere considerato una metafora della vita sociale e della comunione fra l’io e il tu, oppure la resurrezione di Cristo richiama al desiderio dell’uomo di vincere la morte. Insomma, l’antropologia è la chiave interpretativa della teologia.

Ma come nasce nell’uomo l’idea di dio? Ci sono almeno tre spiegazioni:

  • Secondo la prima, l’origine dell’idea di dio risiede nella distinzione tra individuo e specie, nel senso che l’uomo ha coscienza di sé sia come individuo (e come tale si sente limitato e debole) sia come specie (e come tale si sente invece infinito ed onnipotente); quindi la figura di Dio serve a personificare le qualità della specie, il suo carattere di infinito, e non nasce dalla negazione della limitatezza umana, come sostennero alcuni filosofi precedenti
  • Secondo un’altra ipotesi l’idea di dio nasce dall’opposizione umana tra volere e potere: nel volere l’uomo è libero ed illimitato, ma allo stesso tempo il suo potere è limitato, e questa contraddizione lo porta a vagheggiare una divinità in cui tutti i suoi desideri siano appagati. Il concetto è sintetizzato da questa massima: Dio è l’ottativo del cuore umano divenuto tempo presente.
  • Un’ultima spiegazione riguarda il sentimento di dipendenza dell’uomo nei confronti della natura, un sentimento che lo porta ad adorare quelle cose che gli assicurano la sopravvivenza come l’acqua, l’aria, la terra, il fuoco, etc.

Qualunque sia l’origine della religione è sicuro che si tratta di una forma di alienazione, una patologia per la quale l’uomo si scinde e proietta fuori di sé una potenza superiore che dipende e deriva da sé stesso e alla quale egli si sottomette. Inoltre l’uomo, quanto più dà a dio, tanto più toglie a se stesso, ed infatti la potenza divina si fonda sulla debolezza umana. Per liberarsi da questa patologia l’uomo deve recuperare in sé i suoi predicati positivi e diventare ateo. L’ateismo è la riappropriazione da parte dell’uomo, della propria essenza ed è prima di tutto un dovere morale, oltre che un atto di intelligenza e di onestà filosofica.

In questo modo si attua l’inversione dei rapporti di predicazione: prima il soggetto era Dio ed i suoi predicati erano la ragione, la volontà e l’amore; con Feuerbach si arriva ad affermare che la ragione, la volontà e l’amore umano, sono divini. La nuova filosofia di Feuerbach pone l’infinito nel finito e risolve Dio nell’uomo; si tratta della cosiddetta filosofia dell’avvenire che si presenta come una sorta di umanismo naturalistico in quanto si incentra sull’uomo, che di fatto è diventato una nuova divinità, e considera la natura come il fondamento dell’uomo, come una realtà primaria da cui tutto dipende.

Come viene concepito l’uomo? Non certo come astratta spiritualità, ma come un essere di carne e di sangue, condizionato dal corpo e dalla sua sensibilità che non si riduce ad un atteggiamento puramente conoscitivo, ma ha anche una valenza pratica, come dimostra il suo legame con l’amore. Feuerbach scriveva “Soltanto un essere sensibile è un essere reale” e “tanto più uno partecipa all’essere, quanto più ama”. L’amore consente all’uomo di aprirsi al mondo, è la vera prova ontologica dell’esistenza di qualcosa al di fuori di se stesso.

Se l’uomo è sensibilità e amore non può fare a meno degli altri, l’io è necessariamente accompagnato dal tu e in ciò consiste il comunismo filosofico di Feuerbach e la sua dottrina dell’essenza sociale dell’uomo. La comunione dell’uomo con l’uomo è il primo criterio di verità e validità universale: infatti si può dubitare di ciò che si vede da solo, ma non di ciò che vedono anche gli altri.

L’aspetto più caratteristico dell’ateismo di Feuerbach è la filantropia, poiché propone di sostituire l’amore per dio, con l’amore per l’Uomo e di trasformare gli uomini da teologi ad antropologi, e in termini politici, da sudditi della monarchia celeste e terrestre a consapevoli cittadini. Questo è lo scopo ultimo della filosofia di Feuerbach: sostituire la trascendenza con l’immanenza.

La critica ad Hegel: Feuerbach fondò la sua filosofia umanistica su una critica ad Hegel, di cui inizialmente era seguace; se ne allontanò formalmente del 1839, quando pubblicò la Critica della filosofia hegeliana, ed accusò l’hegelismo di essere una teologia mascherata o razionalizzata, ovvero una traduzione in chiave speculativa della teologia occidentale. Infatti Hegel aveva accettato e razionalizzato l’idea che l’essere materiale, la realtà, derivasse da un essere immateriale e astratto. Lo Spirito o l’idea, così come il dio biblico, è sempre il frutto di un’astrazione alienante, in quanto il pensiero trascendente della logica hegeliana non è altro che il pensiero dell’uomo posto al di fuori dell’uomo, e questo causa l’alienazione ed estrania l’uomo da se stesso. Non a caso i teologi protestanti usavano l’hegelismo come una arma contro l’ateismo, così come i teologi cattolici diventavano aristotelici per combattere il protestantesimo.