Isaac Newton – Dai Principi matematici alla religione

ARGOMENTI: vita e opere, Principia, Ottica, alchimia, religione.

VITA E OPERE: Newton nacque a Woolsthorpe nel giorno di Natale del 1642. Ottenne nel 1668 il titolo di master of arts presso il Trinity College di Cambridge e nel ’69 la cattedra di matematica che mantenne fino al 1695; in quest’arco di tempo Newton compì le sue principali scoperte, come il principio di gravitazione universale e la natura composita della luce bianca, ed inventò il calcolo infinitesimale. Nel 1670 iniziò un corso di ottica da cui trasse le Lezioni di ottica (non pubblicate) nelle quali cominciava a presentare il suo metodo scientifico. Nel 1687 uscì la prima edizione dei Principia che portarono a compimento la rivoluzione scientifica iniziata da Copernico. Nel 1704 pubblicò l’Ottica e l’anno dopo la regina Anna gli diede il titolo di Sir. Fu deputato al parlamento inglese come rappresentante dell’Università di Cambridge, direttore della zecca col compito di realizzare una riforma monetaria, presidente della Royal Society. Morì a Kensington (noto quartiere londinese) nel 1727.

I PRINCIPIA: I Principi matematici della filosofia naturale (1687), in latino, trovarono il consenso di gran parte degli scienziati inglesi e olandesi e l’opposizione dei fisici cartesiani; lo stesso titolo mostra un distacco da Cartesio poiché dà ai principi della fisica (la “filosofia naturale”) un carattere matematico: Newton, infatti, si esprime per lo più nel linguaggio della geometria, con qualche accenno al calcolo infinitesimale. L’opera comprende 3 libri:

  • Il primo enuncia i tre “assiomi o leggi del moto”, i principi fondamentali della dinamica:
  1. Principio d’inerzia[1]ogni corpo si mantiene nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, finché non intervenga una forza a modificare tale stato.
  2. Principio di proporzionalità tra la forza e l’accelerazione – il cambiamento di moto è proporzionale alla forza motrice impressa.
  3. Principio di azione e reazione – a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
  • Il secondo tratta del movimento dei corpi all’interno di fluidi resistenti, apre la strada alla meccanica dei fluidi e fa decadere la teoria dei vortici di Cartesio.
  • Il terzo descrive “l’ordinamento del sistema del mondo” e per far ciò Newton enuncia 4 regole del filosofare, che affermano:
  1. La semplicità della natura, perché non devono essere ammesse altre cause oltre a quelle che bastano a spiegare i fenomeni (la natura non fa nulla in vano, non ha cause superflue).
  2. L’uniformità della natura o la validità generale delle leggi naturali, in quanto le stesse cause vanno assegnate a effetti naturali dello stesso genere.
  3. L’omogeneità della natura, poiché le qualità proprie di tutti i corpi sui quali si possono fare esperimenti devono essere ritenute qualità di tutti i corpi. La natura è regolare è prevedibile e la generalizzazione per induzione, che va al di là del piano dei sensi, e valida proprio se si basa su quel piano, attraverso la sperimentazione.
  4. La necessità di un controllo delle teorie: le teorie scientifiche devono essere considerate vere se derivano dagli esperimenti e qualora non fossero confermate da altri esperimenti, sono soggette ad eccezioni. Newton è uno sperimentalista e, come Bacone, diffida delle ipotesi non legate all’evidenza empirica.

Nel terzo libro compare la legge di gravitazione universale, secondo cui nell’universo due corpi si attraggono con una forza direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Con questa legge Newton poteva spiegare il movimento dei pianeti intorno al sole, la caduta dei gravi sulla terra e il fenomeno delle maree. Ne deriva un quadro unitario dell’universo dove decade la distinzione tra fisica terrestre e fisica celeste e tra meccanica ed astronomia.

I Principia hanno anche un’appendice, lo Scholium generale che riguarda il tempo assoluto (un flusso uniforme detto durata) e lo spazio assoluto (un’estensione infinita sempre uguale ed immobile), i quali, a differenza di quelli relativi, non sono concepiti in relazione a cose esterne sensibili, ma vengono intesi come le coordinate utili a definire, al limite, lo stato di quiete e di moto dei corpi: infatti gli stati quiete e moto rettilineo uniforme possono essere determinati solo in relazioni ad altri corpi in quiete o in moto, perciò spazio e tempo assoluti evitano l’infinito rinvio ad ulteriori riferimenti.

Ricordiamo, infine, le 5 definizioni dalle quali i Principia prendono le mosse:

  1. Quantità di materia o massa di un corpo: prodotto della densità per il volume; comporta la distinzione fra massa e peso: quest’ultimo non è un valore assoluto, ma dipende dalla forza di gravità e quindi varia con la distanza.
  2. Quantità di moto: prodotto della massa di un corpo per la sua velocità.
  3. Forza di inerzia: una forza insita e innata della materia per la quale ogni corpo rimane nel suo stato attuale, sia esso di quiete o di moto rettilineo uniforme.
  4. Forza impressa: un’azione esercitata su un corpo che gli fa cambiare il suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme.
  5. Forza centripeta: una forza per la quale i corpi tendono verso un punto centrale (trattiene i pianeti nelle loro orbite).

L’OTTICA: è un trattato scritto in inglese e pubblicato nel 1704, nel quale Newton rielabora delle ricerche che aveva trattato già negli anni Sessanta del ‘600; comprende 3 libri:

  • Il I presenta i principi generali dell’ottica, le proposizioni e i teoremi dell’ottica geometrica e la dottrina della composizione e dispersione della luce bianca; inoltre tratta l’aberrazione delle lenti, il fenomeno dell’arcobaleno e la classificazione dei colori.
  • Il II si sofferma su questioni relative ai colori ed ai fenomeni d’interferenza della luce.
  • Il III descrive degli esperimenti sulla diffrazione.

Riguardo al problema della natura della luce, Newton presenta spiegazioni di carattere sia ondulatorio sia corpuscolare, a seconda dei casi, ma usa largamente la tesi corpuscolare, pur non affermandola decisamente, e ritiene che quella ondulatoria non possa spiegare la propagazione rettilinea della luce e la formazione di ombre dietro gli ostacoli. La posizione di Newton, inoltre, si scontrava con quella di Robert Hooke, che nella Micrographia (1665) riprende la tesi cartesiana e sostiene che la luce sia dovuta a propagazioni o impulsi vibratori dell’etere.

Riguardo al problema dei colori, Newton ritiene che i corpi appaiono colorati in relazione al loro grado di assorbimento dei raggi di luce: ogni raggio ha una disposizione a stimolare la sensazione di un colore e gli oggetti hanno una disposizione a riflettere un tipo di raggio anziché un altro. Il fatto che la luce è composta da raggi diversamente rifrangibili venne mostrato con l’esperimento del prisma; a ogni grado di rifrangibilità corrisponde un colore (ad esempio il rosso corrisponde al grado minimo) e la luce bianca è composta dai vari raggi atti a manifestare i vari colori dello spettro.

Newton offrì un riscontro pratico dei suoi studi ottici costruendo il telescopio a riflessione che ingrandiva gli oggetti osservati circa quaranta volte (molto più del telescopio tradizionale) e inoltre l’osservazione non era disturbata dal fenomeno delle frange colorate o dall’aberrazione cromatica delle lenti.

L’ALCHIMIA: Newton cominciò a leggere scritti di alchimia verso la fine degli anni Sessanta del ‘600, con un interesse dimostrato dalle molte pagine manoscritte pubblicate solo nella seconda metà del ‘900. I suoi studi miravano ad individuare elementi, concetti ed assiomi comuni ai vari alchimisti ed i suoi esperimenti erano rivolti soprattutto a dare un fondamento alle ipotesi sugli atomi e sull’etere e all’ideale di una scienza unitaria dell’universo: nello Scholium generale, infatti, Newton accenna ad uno “spirito sottilissimo” che pervade i corpi e fa sì che le particelle si attraggano, i corpi elettrici agiscano a distanza, la luce si propaghi e gli animali si muovano, ma precisa anche che non ci sono abbastanza esperimenti per definire le leggi di azione di questo spirito. Quindi, sebbene la letteratura alchimistica si caratterizzi anche per le esperienze mistiche ed il linguaggio allusivo, Newton vi si accostò senza dimenticare l’importanza dello sperimentalismo e del linguaggio rigoroso; questi non gli impedirono, comunque, di nutrire credenze riguardanti, ad esempio, i cicli cosmici, la Sapienza originaria, il moto circolare della natura o l’etere condensato per un principio di fermentazione (lettera ad Oldenburg).

LA RELIGIONE: le credenze religiose di Newton rimandano all’eresia ariana poiché considerava Gesù come un mediatore fra dio e uomo e non come un dio, consustanziale al padre; nonostante fosse fellow del Trinity College di Cambridge, riteneva che il testo biblico fosse stato alterato per imporre il dogma della trinità dopo la vittoria di Attanasio su Ario. Evitò, quindi di prendere gli ordini religiosi (come veniva richiesto ad ogni fellow) riuscendo, comunque a tener nascoste le sue convinzioni, facendo proprio il motto cartesiano del larvatus prodeo.

Si dedicò soprattutto allo studio dei libri profetici, il significato dei quali, secondo una rivelazione di Daniele menzionata anche nel frontespizio del Novum Oraganum (1620), poteva essere compreso negli ultimi tempi della storia dai saggi. Newton credeva quindi di vivere nell’imminenza della fine dei tempi e di essere una delle persone scelte da dio che possono ottenere la verità sia nel campo della natura, sia in ambito religioso. Cercò anche di stabilire una cronologia biblica e, in tarda età, collocò il Secondo Avvento nel 20° o 21° secolo; aveva comunque una prospettiva millenaristica[1]. Non poteva che prendere le distanze dai possibili esiti ateistici e materialistici del meccanicismo cartesiano, e per farlo chiama in causa, nello Scholium generale e nella Questione 31 dell’Ottica, l’ordine della natura che può essere dovuto solo al disegno di un essere intelligente e onnipotente, non può scaturire dal caos per opera di cieche leggi naturali; queste ultime spiegano il funzionamento dell’universo, ma non la sua origine; così Newton restituisce un ruolo centrale all’azione divina.


Newton fra i cartesiani e gli illuministi: Secondo l’assunto principale della fisica cartesiana, i movimenti dei corpi sono prodotti da forze meccaniche che agiscono per contatto: per Newton si trattava di un’ipotesi non ricavata dall’esperienza e priva di basi sperimentali. La sua legge di gravitazione, inoltre, contrastava la teoria dei vortici con cui Cartesio spiegava i moti celesti: una materia sottile turbinante intorno al sole trascina con sé i pianeti, mentre il vortice che avvolge la terra spiega la caduta dei gravi. L’azione a distanza della forza gravitazionale di Newton apparve ai cartesiani ed anche a Leibniz come un tentativo di reintrodurre le qualità occulte della Scolastica. Newton rispose alle critiche nello Scholium generale aggiunto alla II edizione dei Principia (1713): con l’affermazione Hypotheses non fingo (non invento ipotesi) ribadiva il suo rifiuto verso le ipotesi non derivate per induzione dai fenomeni e non provate per via sperimentale. Il Newton delle regulae philosophandi e dell’Hypotheses non fingo divenne un modello centrale per gli illuministi che contribuirono ad estendere le sue regole metodologiche alle varie discipline: i suoi successi in campo fisico (confermati anche dalla scoperta della forma della terra come uno sferoide schiacciato ai poli e non allungato, come suggeriva la teoria dei vortici) mostravano le generali potenzialità conoscitive della ragione, qualora ci si basasse su criteri induttivi e sperimentali. Lo stretto legame tra la scienza newtoniana e l’Illuminismo si stabilì anche grazie a Voltaire che scrisse gli Elementi della filosofia di Newton.



[1] Millenarismo: la credenza nel millennio, cioè nel regno glorioso e temporale di Cristo prima del giudizio finale e, secondo la maggior parte dei computi, destinato a durare mille anni.

[1] L’inerzia: Galileo aveva ipotizzato l’inerzia per il moto circolare, non per quello rettilineo uniforme che considerava estraneo all’ordine naturale: il movimento ininterrotto si può concepire solo lungo un piano parallelo alla superficie terrestre. Il moto circolare era considerato il moto per eccellenza, per Aristotele la condizione naturale dei corpi celesti era il movimento circolare su sé stessi, mentre quella dei corpi terrestri era la quiete. Con Newton quiete e moto rettilineo uniforme sono entrambi naturali.