Le apprensioni immediate dell’intelletto e gli dei in Epicuro

Le apprensioni immediate dell’intelletto si verificano quando i simulacra o eidola sono così sottili da colpire direttamente l’intelletto senza dover passare per i canali sensoriali. Questa spiegazione viene applicata, ad esempio, alle immagini oniriche che, come le percezioni e le affezioni sensibili, sono sempre vere, perchè provengono dal mondo esterno, mente il giudizio aggiunto può essere falso.

Forse Epicuro spiegava in questo modo anche il fatto che gli uomini possono pensare a ciò che non è presente, come se nell’aria ci fossero delle immagini di cose assenti che vengono captate dalla mente, per cui anche le cose immaginate hanno un origine esterna.

Questo spiega anche perché Epicuro non nega l’esistenza degli dei; nella visione epicurea gli dei vivono negli intermundi, degli spazi vuoti tra mondo e mondo, hanno sembianza umane, intrattengono un’amicizia simile a quella umana e sono aggregati di atomi sottilissimi che non possono separarsi, perciò sono immortali e beati, i due caratteri fondamentali che ricorrono nella pre-concezione umana di divinità. Epicuro ammette l’esistenza degli dei proprio perchè gli uomini ne hanno un’immagine che deve essere stata causata da qualcosa di esterno e reale e perciò è vera.

E’ sbagliato, invece, pensare che essi abbiano creato il mondo, che se ne interessino e che stabiliscano un ordine provvidenziale:

  • il primo giudizio può essere contraddetto dal fatto che la divinità greca è immutabile, il suo volere non cambia, perciò non si può dire che in un determinato momento abbia deciso di creare il mondo mentre prima non voleva farlo;
  • il secondo giudizio è falso perchè, se gli dei sono beati, non possono interessarsi delle vicende umane;
  • il terzo, quello sull’intervento provvidenziale, può essere confutato con l’argomento dell’esistenza del male: se dio vuole eliminare i mali, ma non può, è impotente e quindi non è dio, se può ma non vuole, è maligno ed invidioso e quindi non è ancora dio, se può e vuole, l’unico caso che gli si addice, l’esistenza del male non si spiega.

Questa concezione è funzionale a liberare gli uomini dalla paura degli dei, è uno dei principi del quadrifarmaco. In un passo del De rerum natura, Lucrezio idealizza Epicuro come un eroe, poiché per primo si oppose alla religio:

Mentre l’umanità vergognosamente giaceva sulla terra
Davanti agli occhi (di tutti) oppressa sotto il grave peso della superstizione,
che dalle regioni del cielo mostrava il suo capo
incombendo dall’alto sui mortali con il suo terribile aspetto,
per la prima volta un uomo greco osò sollevarle contro
gli occhi mortali, e per primo opporsi ad essa;
e non lo intimorirono né le dicerie degli dei, né i fulmini, né
il cielo con il suo mormorio minaccioso, anzi (tutto ciò) eccitò
ancor di più l’ardente virtù del suo animo, da desiderare
di spezzare per primo gli stretti serrami delle porte della natura.

Humana ante oculos foede cum vita iaceret
in terris oppressa gravi sub religione,
quae caput a caeli regionibus ostendebat
horribili super aspectu mortalibus instans,                         65
primum Graius homo mortalis tollere contra
est oculos ausus primusque obsistere contra;
quem neque fama deum nec fulmina nec minitanti
murmure compressit caelum, sed eo magis acre
inritat animi virtutem, effringere ut arta                           70
naturae primus portarum claustra cupiret.