M. Mauss – la teoria del dono e il principio di reciprocità

Marcel Mauss (1872-1950) può essere considerato l’ultimo grande allievo di Durkheim, dal quale, tuttavia, si allontanò per una questione epistemologica: in Durkheim c’era ancora un’impostazione evoluzionistica che portava a pensare le strutture semplici come un modo per spiegare quelle complesse, perché il semplice è contenuto e integrato nel complesso. C’era una visione verticale in cui il complesso supera, include e migliora il semplice, perciò si pensava che i fenomeni delle società civilizzate potessero essere compresi attraverso lo studio delle società semplici primitive. Mauss riteneva invece che la differenza tra le forme rudimentali e quelle sviluppate riguardasse non il grado di complessità, ma la sua natura. Le società d’interesse etnografico non sono più semplici di quelle occidentali e non hanno neanche una mentalità del tutto opposta a quella occidentale, Mauss rivendica la comunanza dei meccanismi psichici (messa in discussione dal primo Lévy-Bruhl). In quest’ottica l’obiettivo non è più la comprensione delle forme elementari, volta alla decodifica di quelle complesse, ma è la comprensione della complessità di ciascuna cultura (salta quella gerarchizzazione evoluzionistica etnocentrica fra culture inferiori e culture superiori).

LA TEORIA DEL DONO

Nel Saggio sul dono Mauss, basandosi in gran parte sugli studi etnografici di Boas e Malinowski, definisce il dono come un fatto sociale totale alla base dell’economia delle società tradizionali, dove la circolazione delle merci non dipende tanto dalla compravendita, quanto dal principio di reciprocità, composto da tre obblighi fondamentali: il dare, il ricevere e il ricambiare. Per fatto sociale totale Mauss intendeva un fenomeno strettamente legato a tutti gli altri aspetti della vita sociale, un fatto che, nel suo accadere, coinvolge tutti i livelli della società. Infatti il dono non è una semplice pratica di scambio utilitaristica, ma è anche un collante sociale, un modo per costruire una rete di alleanze; ha quindi la doppia funzione di far circolare i beni e mantenere unita la società, evitando le ostilità.
La possibilità di creare un’alleanza è data dal fatto che il dono ha un valore non solo materiale, ma anche simbolico, essendo legato al donatore. Ricollegandoci a Frazer, potremo dire che i processi di reciprocità mettono in atto una forma di magia simpatica per contatto: qualcosa che proviene da una persona, rimane simbolicamente connessa a quella persona, ha una qualità intrinseca che rimanda al donatore. Anche per questo i doni devono essere ricambiati: sebbene formalmente siano volontari e gratuiti, in realtà sono obbligati e interessati, servono a mantenere viva un’alleanza (questo è un aspetto che si nota più facilmente da una prospettiva esterna). Mauss diede questa interpretazione osservando un fenomeno presente fra i Maori della Nuova Zelanda, dove i doni avevano una sorta di spirito lo hau, che poneva il ricevente in una posizione di debito nei confronti del donatore e che in caso di mancato ricambio, di mancata restaurazione di un equilibrio alterato, poteva ritorcersi contro il ricevente.